Chiesa di Sant’Antonio da Padova

Cuore religioso di Monte Porzio, la Chiesa di Sant’Antonio da Padova (ricostruita 1819-26) accoglie una navata unica con pala caravaggesca di Sant’Antonio, tele seicentesche e lampadari in vetro di Murano, intrecciando arte e devozione secolare.

Immagine principale

Descrizione

CHIESA DI SANT'ANTONIO DA PADOVA

Nel cuore della frazione di Castelvecchio si trova la Chiesa di Sant’Antonio da Padova, unico edificio religioso e punto di riferimento per la comunità fin dal XVI secolo. In origine, l’antica chiesa parrocchiale aveva tre altari: quello maggiore, dedicato al Santissimo Crocifisso, l'altare del Rosario e quello dedicato a San Biagio o a Sant’Antonio. Tuttavia, a inizio Ottocento l’edificio versava in condizioni precarie e si decise di ricostruirlo. I lavori iniziarono nel 1819 e, nel 1826, la nuova chiesa era praticamente ultimata. Venne dedicato un nuovo altare a San Giuseppe accompagnato da una preziosa statua lignea risalente al 1604, anno in cui fu fondata la Confraternita di San Giuseppe. L'interno, a navata unica, è arricchito da opere d’arte di notevole valore storico e artistico. Ai lati si trovano due importanti tele: a sinistra “Apparizione di Gesu’ Bambino a Sant’Antonio da Padova” e a destra “La Trinità”, mentre sul fondo spicca il quadro della “Madonna della Misericordia”, donato dalla principessa Maria Barberini e tuttora oggetto di grande devozione popolare. Completano l’atmosfera tre splendidi lampadari in vetro di Murano a colori, che aggiungono un tocco di luce e raffinatezza all’intero ambiente sacro.

CHURCH OF SAINT ANTHONY OF PADUA

In the heart of the hamlet of Castelvecchio stands the Church of Saint Anthony of Padua, the only religious building and a focal point for the community since the 16th century. Originally, the old parish church had three altars: the main altar, dedicated to the Holy Crucifix, the altar of the Rosary, and the altar dedicated to Saint Blaise or Saint Anthony. However, by the early 19th century, the building was in precarious condition, and it was decided to rebuild it. Work began in 1819, and by 1826, the new church was virtually completed. A new altar was dedicated to Saint Joseph, accompanied by a precious wooden statue dating back to 1604, the year the Confraternity of Saint Joseph was founded. The interior, with a single nave, is enriched by works of art of considerable historical and artistic value. On the sides are two important canvases: on the left, "The Apparition of the Baby Jesus to Saint Anthony of Padua" and on the right, "The Trinity." In the background, the painting of the "Madonna della Misericordia" stands out, donated by Princess Maria Barberini and still an object of great popular devotion. Three splendid colored Murano glass chandeliers complete the atmosphere, adding a touch of light and refinement to the entire sacred space.


APPARIZIONE DI GESÙ BAMBINO A SANT’ANTONIO DA PADOVA

Questo dipinto, considerato fino a poco tempo fa di anonimo pittore con influenza caravaggesca e vicino al Ribera, appartiene secondo gli studi effettuati dalla Dott.ssa Valeria Di Giuseppe Di Paolo e dal critico d’arte Francesco Petrucci a Luca Giordano (1632-1705) grande protagonista dell’arte barocca europea nonché uno dei pittori più prolifici di tutti i tempi. Formatosi nell’ambito del caravaggismo napoletano, alla bottega di Jose de Ribera , compì il suo esordio eseguendo dipinti simili a quelli del maestro ma soggetti anche all’influenza di Matteo Preti. Entrò poi in contatto con l’arte dei pittori veneti e con l’arte di Pietro da Cortona: quest’ultimo fu decisivo nel dare una svolta spiccatamente barocca all’arte di Luca Giordano. Il suo stile si contraddistinse per magniloquenza, delicatezza e soprattutto una rapidità tale da permettergli di eseguire una quantità incredibile di opere (sono centinaia), fu soprannominato “Luca Fapresto” e sul finire della carriera fu anche chiamato in Spagna per diventare pittore di corte.

Il  dipinto in questione è già  noto agli studiosi attraverso due versioni del Giordano conservate a Roma: uno proveniente dalla Chiesa dell’Angelo Custode, consacrata da Urbano VIII Barberini nel 1624, demolita nel 1928 ed oggi conservata nella Basilica di Cristo Re, l’altra presso la Galleria Nazionale d’Arte Antica a Palazzo Barberini.

Gli esempi romani sono datati tra il 1650-53 mentre questa opera di Castelvecchio, potrebbe essere una replica tarda dell’artista situabile tra il 1665 e il 1670.
La tela è stata oggetto di restauro nel 2009.
Anche per questo dipinto si ipotizza la possibilità  di una committenza barberiniana, in considerazione di questo legame antico con la famiglia Barberini e il piccolo borgo di Castelvecchio acquisito nelle loro proprietà nel 1649.

In questa opera viene raffigurato Sant’Antonio da Padova con il Bambino Gesù in piedi sulle sue mani (in altri casi anche sul vangelo o in braccio). Questo deriva da un miracolo mistico in cui il Santo, mentre meditava sul Vangelo, ebbe la visione del piccolo Gesù che gli appare avvolto in  una  luce celeste abbagliante. 
L’immagine simboleggia l’unione e la devozione del santo con Gesù: il suo insegnamento derivava dalla preghiera e dalla contemplazione del Vangelo (la Parola fatta Carne).

 

APPARITION OF THE CHILD JESUS ​​TO SAINT ANTHONY OF PADUA

This painting, until recently thought to be by an anonymous artist influenced by Caravaggio and close to Ribera, is attributed, according to studies conducted by Dr. Valeria Di Giuseppe Di Paolo and art critic Francesco Petrucci, to Luca Giordano (1632-1705), a leading figure in European Baroque art and one of the most prolific painters of all time. Trained in the Neapolitan Caravaggism of the workshop of Jose de Ribera, he made his debut with paintings similar to those of his master but also influenced by Matteo Preti. He then came into contact with the art of the Venetian painters and the art of Pietro da Cortona: the latter was instrumental in bringing a distinctly Baroque twist to Luca Giordano's art. His style was distinguished by grandiloquence, delicacy, and above all, a speed that allowed him to produce an incredible number of works (hundreds). He was nicknamed "Luca Fapresto," and toward the end of his career, he was even called to Spain to become a court painter.

The painting in question is already known to scholars through two versions of Giordano preserved in Rome: one from the Church of the Guardian Angel, consecrated by Urban VIII Barberini in 1624, demolished in 1928, and now housed in the Basilica of Christ the King; the other is at the Galleria Nazionale d'Arte Antica in Palazzo Barberini.

The Roman examples date between 1650 and 1653, while this Castelvecchio work may be a late replica by the artist, dating between 1665 and 1670.
The canvas was restored in 2009.
This painting, too, is thought to have been commissioned by the Barberini family, given its long-standing connection with the Barberini family and the small village of Castelvecchio, which they acquired in 1649.

This work depicts Saint Anthony of Padua with the Child Jesus standing in his hands (or in other cases on the Gospel or in his arms). This is based on a mystical miracle in which the Saint, while meditating on the Gospel, had a vision of the baby Jesus, who appeared to him enveloped in a dazzling celestial light.
The image symbolizes the saint's union and devotion to Jesus: his teachings derived from prayer and contemplation of the Gospel (the Word made Flesh).


 

LA TRINITÀ DI GUILLAUME COURTOIS DETTO IL BORGOGNONE

Tra le mura silenziose della chiesa di Sant’Antonio da Padova di Castelvecchio si nasconde un piccolo tesoro del seicento: “La Trinità”, dipinto che fino a poco tempo fa era attribuito a Domenico Corvi ora riconducibile per motivi stilistici e studi approfonditi a Guillaume Courtois (italianizzato Guglielmo Cortese) detto il Borgognone (1628-1679). 
Francese di nascita ma romano d’ adozione, il Borgognone fu allievo di Pietro da Cortona e collaboratore di Gian Lorenzo Bernini, il genio che plasmò la Roma barocca. Bernini lo volle con se al suo fianco in capolavori come “Sant’Andrea al Quirinale” e “la Collegiata di Ariccia” dove pittura, scultura e architettura si fondono in un unico linguaggio di luce e movimento.
Per tanto tempo il dipinto di Castelvecchio è stato avvolto dal mistero: ignorata e annerita dal tempo con una attribuzione incerta. Solo nel 2014 grazie agli studi della Dott.ssa Valeria di Giuseppe di Paolo in collaborazione con il Dott. Francesco Petrucci, storico dell’arte e massimo esperto del barocco romano, ne è stata svelata l’origine e riconosciuta come una delle più importanti acquisizioni nel catalogo del pittore, databile intorno al 1662.
Nel circuito degli storici e critici d’arte se ne conosceva la probabile esistenza attraverso studi preparatori e bozzetti, ma nessuno ne aveva mai individuato l’opera finita: poteva essere andata perduta o addirittura mai realizzata.
Gli studi preparatori e i disegni conservati a Roma all’Istituto Nazionale per la Grafica, a Washington alla National Gallery of Art e lo splendido bozzetto recentemente venduto a Parigi (Galerie Tarantino) ne confermano l’autenticità: è l’unica opera del Borgognone conservata fuori dalla città di Roma e dall’ area dei castelli romani.

Le bozze presentano alcune variazioni rispetto all’opera dipinta, la più considerevole riguarda la gloria angelica che sostiene il corpo di Cristo nella parte inferiore. Nell’ opera esposta vengono aggiunti i simboli della passione, i chiodi e la corona mentre l’angelo che chiude la composizione in basso a destra esibisce la lancia e i flagelli, dettagli che non sono presenti nei disegni preparatori.
In questo dipinto il Borgognone ancora influenzato dai modi di Pietro da Cortona e da Pier Francesco Mola detto il Ticinese, adotta soluzioni già berniniane, come si può osservare nelle fisionomie e nel plasticismo dei corpi torniti degli angeli, ma anche nell’uso di un brillante cromatismo. 
Nel periodo barocco i dipinti della Trinità, compreso questo del  Borgognone, sono spesso caratterizzati da una forte drammaticità e composizione dinamica ,in linea con lo stile dell’epoca che predilige l’emozione e il movimento. L’uso del chiaroscuro crea un effetto drammatico e teatrale che mette in risalto le figure. La rappresentazione della Trinità spesso si arricchisce di elementi allegorici, simboli e gestualità intensa per sottolineare la profondità del mistero teologico e coinvolgere emotivamente lo spettatore.

Sulla committenza può tracciarsi un ipotesi in considerazione dell’antico legame di Castelvecchio con la famiglia Barberini di Roma. Infatti il borgo una volta appartenuto ai Della Rovere venne acquistato dai Barberini nel 1649, qualche anno dopo la morte del cardinale Antonio che fu vescovo di Senigallia. Il Castello su cui ancora oggi è visibile lo scudo di famiglia con le tre api, dominava l’immenso podere ed era meta di frequenti visite da parte dei principi Barberini. Resta da chiarire se il dipinto fu commissionato per la chiesa di Sant’Antonio da Padova (che ha origine antiche) o fu donato dalla famiglia Barberini in una data imprecisata come accadde per la Madonna della Misericordia (incerta attribuzione, si nomina Giovanni Battista Salvi detto il Sassoferrato) custodita nel castello e donata alla Chiesa dalla Principessa.
Per la Trinità si può escludere una provenienza da qualche chiesa romana poiché né i biografi del Borgognone né le antiche guide descrittive di Roma fanno menzione di questo capolavoro della maturità del pittore.

 

THE TRINITY BY GUILLAUME COURTOIS, KNOWN AS IL BORGOGNONE

Within the silent walls of the church of Sant'Antonio da Padova in Castelvecchio lies a small 17th-century treasure: "The Trinity," a painting that until recently was attributed to Domenico Corvi, but which, for stylistic reasons and in-depth study, has now been attributed to Guillaume Courtois (Italianized as Guglielmo Cortese), known as il Borgognone (1628-1679).
French by birth but Roman by adoption, il Borgognone was a pupil of Pietro da Cortona and a collaborator of Gian Lorenzo Bernini, the genius who shaped Baroque Rome. Bernini wanted him at his side on masterpieces such as "Sant'Andrea al Quirinale" and "The Collegiate Church of Ariccia," where painting, sculpture, and architecture blend in a single language of light and movement.
For a long time, the Castelvecchio painting was shrouded in mystery: ignored and tarnished by time, its attribution uncertain. Only in 2014, thanks to the studies of Dr. Valeria di Giuseppe di Paolo, in collaboration with Dr. Francesco Petrucci, an art historian and leading expert on the Roman Baroque, was its origin revealed and it recognized as one of the most important acquisitions in the painter's catalogue, dating to around 1662.
Art historians and critics knew of its probable existence through preparatory studies and sketches, but no one had ever identified the finished work: it may have been lost or never even been created.
The preparatory studies and drawings preserved in Rome at the Istituto Nazionale per la Grafica, in Washington at the National Gallery of Art, and the splendid sketch recently sold in Paris (Galerie Tarantino) confirm its authenticity: it is the only work by Borgognone preserved outside the city of Rome and the Castelli Romani area.

The sketches show some variations compared to the painted work, the most notable being the angelic glory supporting the body of Christ in the lower section. In the exhibited work, the symbols of the Passion, the nails and the crown, are added, while the angel closing the composition in the lower right displays the spear and flagella, details not present in the preparatory drawings.
In this painting, Borgognone, still influenced by the style of Pietro da Cortona and Pier Francesco Mola, known as Ticinese, adopts solutions already reminiscent of Bernini, as can be seen in the physiognomies and the plasticity of the angels' rounded bodies, but also in the use of brilliant color.
During the Baroque period, paintings of the Trinity, including this one by Borgognone, are often characterized by strong drama and dynamic composition, in line with the style of the period, which favored emotion and movement. The use of chiaroscuro creates a dramatic and theatrical effect that highlights the figures. The depiction of the Trinity is often enriched with allegorical elements, symbols, and intense gestures to emphasize the depth of the theological mystery and emotionally engage the viewer.

A hypothesis can be drawn regarding the commissioning, considering Castelvecchio's ancient connection with the Barberini family of Rome. Indeed, the village, once owned by the Della Rovere family, was purchased by the Barberinis in 1649, a few years after the death of Cardinal Antonio, bishop of Senigallia. The castle, on which the family coat of arms with three bees is still visible today, dominated the immense estate and was a frequent destination for the Barberini princes. It remains unclear whether the painting was commissioned for the church of Sant'Antonio da Padova (which has ancient origins) or was donated by the Barberini family at an unspecified date, as was the case with the Madonna della Misericordia (uncertain attribution, Giovanni Battista Salvi, known as Sassoferrato), housed in the castle and donated to the church by the Princess.
For the Trinity, a provenance from some Roman church can be excluded since neither Borgognone's biographers nor the ancient descriptive guides of Rome make mention of this masterpiece from the painter's maturity.

Modalità di accesso:

Accesso libero

Indirizzo

Orario per il pubblico

Aperta al pubblico negli orari delle celebrazioni liturgiche (Sante Messe e altre funzioni).

Contatti

  • Comune: protocollo@comune.monte-porzio.pu.it

Ulteriori informazioni


 


 

Pagina aggiornata il 23/10/2025